Il lato giapponese di Van Gogh

Sarà forse un caso che nel 1853, anno di nascita di Vincent Van Gogh, il Giappone emerse dalle ceneri di un isolamento dal mondo durato ben due secoli e iniziò ad aprirsi all’esterno. Grazie a nuovi trattati commerciali e accordi politici, anche la cultura, le arti e la letteratura giapponese vennero conosciute al di fuori del confine e suscitarono la curiosità di artisti europei. Il Giappone venne assorbito nella cultura del 1800. Per molti pittori compreso Van Gogh, inizialmente, l’arte giapponese rappresentò una semplice moda del momento, un diversivo rispetto alla canonicità statica alla quale i fruitori d’arte avevano atrofizzato lo sguardo fino a quel momento.

japoneserie Oiran
giapponeseria: Oiran, 1887

Come un’onda, magari proprio come La grande onda di Kanagawa, la moda giapponese attraversò l’anima degli artisti europei, ne solleticò la curiosità per poi evaporare lasciando solo tenui ricordi del suo passaggio. Non fu così per Vincent. Il pittore olandese amò l’arte giapponese fino a interiorizzarla e trasmetterla attraverso il proprio sguardo vivamente curioso. Non fu mera rappresentazione o esercizio di stile. Non ci fu traccia di compiacimento autoreferenziale o ostentazione della tecnica, nelle sue opere. L’arte giapponese era semplice e vera. Parlava a tutti senza l’effimero desiderio di stupire per forza il pubblico. Raccontava di scene quotidiane con lapalissiana accettazione della realtà. Era purezza che abdicava ogni superficialità.

albero e stile cornice giapponese
susino in fiore, Parigi 1887

Come ogni amore che si rispetti, quello per Van Gogh nei confronti del Giappone passò per la fase della conoscenza e della infatuazione. Nel 1886 circa, Vincent acquistò ben 600 stampe giapponesi. Una in più, una in meno. Per l’epoca di cui parliamo, possedere delle stampe simili era un modo moderno per ostentare apertura al diverso. Inoltre in Van Gogh echeggiava altresì il desiderio ben più pragmatico, di rivendere queste stampe ad un prezzo più alto e pagare così con meno patemi d’animo, l’affitto della sua dimora parigina. La passione per l’arte giapponese iniziò tuttavia a crescere con il passare dei giorni, delle settimane, dei mesi, tanto che Vincent decise di organizzare una esposizione al Cafè Tambourin a Montmartre.  Durante questo evento Van Gogh ritrasse Agostina Segatori, proprietaria del locale.

agostina segatori
Agostina Segatori, Parigi, 1887

Le stampe giapponesi sono attaccate alla parete, quasi smarrite. Presenti ma prive di importanza artificiale. Ridotti a meri accessori.  Da quell’incontro in poi, Vincent iniziò a riprodurre e rielaborare le stampe giapponesi adattandole al suo stile. Sia gli oggetti che le persone fotografate nei suoi quadri vengono posti al centro della tela a manifestare una costante ricerca di bidimensionalità tipica dell’arte giapponese.

A sinistra Ramo di mandorlo in fiore in un bicchiere, Arles 1888, in alto a destra ritratto dello zuavo, Arles 1888 e in basso il ritratto di Tanguy, amico e commerciante di colori, Parigi, 1887.

La ricerca costante di appropriarsi dello stile giapponese ed il desiderio di innovarsi aprendosi al rischio inevitabile del nuovo e dell’ignoto, trovarono definitiva estrinsecazione nell’amore per la natura. E quale posto migliore del Sud della Francia per inseguire la natura? Arles divenne il Giappone, per Van Gogh.

pesco in fiore arles 1888
pesco in fiore, Arles 1888

A proposito del concetto del rischio e poco prima di partire per il suo Giappone, Vincent nel 1887 scrisse al fratello Theo: 

”Per degli avventurieri come me penso che non ci sia nulla da perdere nell’aumentare un po’ il rischio. Nel mio caso poi, in modo particolare, perché non sono un avventuriero di mia iniziativa, ma per caso, e non c’è luogo in cui mi senta meno a mio agio che presso il mio paese. ”

Qui ad Arles i colori rinascono, si accendono di vita e luce. Il sole diventa un gigante, il mondo rappresentato da Van Gogh acquista vivacità cromatica e rapidità nell’esecuzione. Il giapponese dipinge di getto, ha fretta di catturare l’unicità della quotidianità nell’attimo in cui si manifesta e così anticipare il suo eclissarsi nel passato, un cogliere l’attimo prima che sia troppo tardi, insomma.

L’artista giapponese sente il dovere morale di vivere il presente. Vincent respira questa eccitazione ad ogni pennellata, dipinge sul bianco della tela immerso nella natura, sotto pioggia e sole; scaglia colori come fossero lampi e si lascia divorare dall’insaziabile voglia di catturare momenti di vita semplici.

sole grande
il seminatore, Arles 1888.
ponte
il ponte di Langlois, Arles 1888

Gli artisti giapponesi credevano inoltre nella condivisione delle opere e nello scambio di punti di vista e consigli tecnici. Proprio durante il soggiorno ad Arles e affascinato da questa utopia, Vincent dedicò gran parte delle sue energie ed entusiasmo alla creazione di una casa-studio per artisti e invitò il suo amico Gauguin a soggiornarvi. L’epilogo di questa vicenda fu drammatico in quanto la convivenza dei due sfociò in una violenta lite e culminò con il noto gesto estremo di Van Gogh di recidersi l’orecchio.

autoritratto con orecchio bendato e stampe
autoritratto con orecchio reciso, Arles Dicembre 1888

Anche in questo ritratto si possono notare sullo sfondo, quasi a decorare e riempire l’opera, alcune stampe giapponesi attaccate alla parete.

Tutto il soggiorno di Van Gogh ad Arles accresce enormemente la sua identificazione con l’arte come manifestazione della realtà che non viene più rappresentata con la cupezza dei colori, la fatica dei gesti quotidiani, ma diventa elogio di una semplicità che fugge la ricchezza materiale a tutti i costi; sfocia nella velocità di realizzazione ma nella lentezza dell’osservazione da parte dell’artista trova la sua autentica realizzazione.

“Dopo un po’ di tempo la tua visione cambia, vedi con un occhio più giapponese, senti il ​​colore in modo diverso. Sono anche convinto che sarà proprio attraverso una lunga permanenza qui che potrò esprimere la mia personalità”.

 

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Caffè di notte

”I giorni che torno a casa con uno studio, mi dico se fosse così tutti i giorni, potrebbe andare, ma i giorni che si torna senza niente e che si mangia, si dorme e si spende lo stesso, ci si sente degli idioti, dei birbanti, delle vecchie pellacce. ”

foto quadro alla parete

Tre notti impiegò Vincent a dipingere questo capolavoro che tuona giudizi ad ogni angolo della tela.  Tre notti lunghissime di Settembre, ad Arles faceva ancora caldo. Di giorno si faticava a respirare e il vento caldo che spirava dal mare asciugava a malapena il sudore dalla fronte. Decise di rappresentare il dolore, i sensi di colpa che lo tormentavano certe notti che non riusciva a dormire, quando in preda all’ansia, usciva di casa e si recava al Caffè. In quei momenti di improduttività e abbandono, il suo status di pittore squattrinato e mantenuto, confinava agli angoli della disperazione la propria autostima e dava vita ad un profondo stillicidio autoreferenziale.

Così qui i colori sono come pugni negli occhi, accesi e violenti. L’atmosfera è cupa, rassegnata, colpevole. Il tempo trascorre senza speranza, senza redenzione. Si percepisce un acre odore di chiuso misto a vino evaporare dalle pareti rosso sangue e uno stantio senso di vuoto emergere dal soffitto verde. Le pennellate veloci e profonde rimarcano il giudizio che pesa su Vincent come fosse una sentenza.

Un giudizio che egli stesso si decreta. Si identifica con un successo che non arriva e pesa come un macigno. Non c’era modo più efficace per circoscrivere e dimenticare questi sentimenti se non quello di rappresentarli in un’opera, prenderne le distanze, impiegare 72 ore consecutive a completare questo lavoro, senza mangiare né riposare. Quasi a volersi punire e pentirsi di essere vulnerabile come tutti.

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Le passioni umane qui vengono caricaturizzate al fine di esorcizzarle, deriderle, reprimerle. Non mancano segni di speranza e distensione, che sono abbandonati all’immagine generale di angoscia che quest’opera vuole trasmettere. Il quadro con i girasoli gialli è li appeso alla parete, quasi a testimoniare le due facce della stessa medaglia, a rivendicare il perdono all’occhio di un osservatore severo e giudicante. Il mazzo di fiori infondo alla stanza trasmette una luce che proviene dalla natura, pubblicamente riconosciuta come una bellezza infinita e pura; è incastonata senza apparente senso in un ambiente illuminato esclusivamente da pesanti lampadari che piombano sui colpevoli come facevano le torce dei gendarmi sui ladri colti in flagrante.

La disperazione umana è inammissibile qui e viene messa in bella vista alla mercé di tutti. L’uomo si copre il volto e si intuisce che piange. Non una, ma tre bottiglie di vino riempiono il tavolino dove è seduto. Si copre il volto dalla vergogna.

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I protagonisti ed in primis il pittore, non hanno il coraggio di accettarsi vulnerabili, e per questo meritano di essere rappresentati di notte all’interno di un locale cosi buio e sudicio, in preda alla più totale perdizione.

Questo è senza dubbio uno dei quadri più cupi e autentici di Vincent. Con quest’opera è riuscito a guardarsi dentro e a rappresentare il suo stato d’animo più bieco e giudicante. Non ha coperto di pennellate colorate quel senso di colpa, stavolta è andato dritto al punto.

La critica artistica, i colleghi pittori, come lo vedevano? quanto pesava sulla propria autostima quel pensiero, quel giudizio degli altri? Perché era cosi sbagliato disperarsi, perché un caffè doveva per forza essere presentato come una sudicia bettola? Quanto quel sé ideale che Vincent si era prefisso di essere e faticava a raggiungere ha condizionato la sua pittura nel corso degli anni portandolo a diventare il pittore per eccellenza del ”giallo” e dei colori luminosi?

”Io penso spesso che la notte sia più viva e più riccamente colorata del giorno.”

 

Rami di mandorlo in fiore

È di nuovo primavera. La Terra è come un bambino che sa le poesie. Rainer Maria Rilkemandorlo in fiore

Eh si, a Saint-Remy a Febbraio è quasi già primavera, Vincent lo percepisce dal colore dei fiori che, come un quadro attaccato alla parete, fa capolino dalla finestra della sua stanza all’ultimo piano dell’ospedale psichiatrico della cittadina. Quando tutto dentro è grigio e triste, contrassegnato da interminabili ore di attesa di non si sa cosa poi e, medicine amare da mandar giù, guardare fuori può essere l’unico modo per respirare aria pulita e rigenerante come la notizia appresa dal fratello Theo. Johanna e lui annunciano la nascita di Vincent Willem. Allora sì che ci si può rimettere a dipingere con ritrovato entusiasmo e rappresentare su tela colori di gioia e ritrovata speranza.

E’ il 1890 e sarà l’ultimo anno vissuto da Van Gogh.

Forse proprio la nascita del nipotino che porterà fiero il suo nome, consente al pittore olandese di lasciare andare i tormenti, riflettere sulla propria esistenza e abbracciare con un pizzico di serenità il proprio destino e un’eternità ormai prossima a manifestarsi.

Ma proprio fra le mura bianche e sudice di quel reparto di psichiatria, la vita torna a essere disegnata con vigore. E’ il turno dei rami di mandorlo in fiore che sbocciano puri con qualche settimana di anticipo rispetto al risveglio della natura.

dettagli mandorlo in fiore

E l’unicità di questa opera e la sua lucida rappresentazione di rinascita sono ancora più evidenti in quanto proprio durante il periodo di ospedalizzazione a Saint-Remy, Vincent iniziò a rilasciare indelebili segni della sua pazzia negli altri dipinti, nei quali il movimento circolare e ondulato della pittura (caratteristiche di una emergente schizofrenia) sostituiscono in modo definitivo l’enfasi ricercata dei colori. Nelle opere dell’epoca, come ad esempio ‘giardino dell’ospedale di Arles’ oppure ‘frutteto in fiore con veduta di Arles’, il senso di claustrofobia e di resa è ormai evidente.

Il futuro non è più roseo, lo sa, lo percepisce Vincent. Cammina nella sua stanza su e giù, smaltisce i pensieri e poi si ferma per delle ore a guardare fuori dalla finestra, attonito e sbalordito da tanta desolazione.

Rami di mandorlo in fiore è l’ultima evocazione speranzosa ed utopistica del futuro. Il futuro è suo nipote e il quadro è un regalo per lui. Vincent dona la sua esperienza d’uomo e d’artista, la sua romantica e passionale visione del mondo, l’energia dei colori capaci di mettere calma alle schegge impazzite dei suoi deliranti pensieri. I fiori sono ripresi da vicino, vuole che si vedano chiaramente. Vincent ha speso giornate intere a dipingere questo quadro. Emozionato e felice nel senso più autentico e altruistico del termine. Il futuro non gli appartiene più, forse non gli è mai appartenuto, si è spesso illuso di poter passare serenamente la sua esistenza, ma adesso sa che un altro Van Gogh è nato e avrà la concreta speranza di vivere felice, di vivere con spensieratezza.

Tra una medicina ed un’altra, Vincent, in quegli interminabili giorni, riesce a mettere tra parentesi l’angoscia di vivere come un recluso perso a spiare la vita ed immaginarne il profumo oltre i recinti. Butta su tela con passione ogni suo buon auspicio per il nipotino e disegna la Vita,  quella con la V maiuscola, trasmettendo come per incanto il soave aroma di primavera, per lui.  Arresta per un attimo l’angosciosa ricerca di ricordi passati, dove le linee della pittura si facevano strada sulla tela senza una logica e non v’era via di uscita. Relega i pensieri negativi ad un momento successivo.

Si ferma a contemplare la felicità pura che sta vivendo la sua famiglia, àncora di certezze in un mare di solitudine. Pensate, nello stesso periodo e nello stesso mese, Vincent portò alla luce, oltre a rami di mandorlo in fiore anche ‘la ronda dei carcerati’ e ‘bevitori’.

Opere colme, come scariche elettriche, di angoscia e rassegnazione.

Fermatevi un secondo a riflettere sullo stato d’animo dell’artista. Siamo alla fine della sua breve e tormentata esistenza. Dentro di se’ non trova più speranza ne’ bellezza.

Tutto è recintato e delimitato: la vita delle persone, la natura, il destino. Non c’è via d’uscita. Eppure quella notizia inaspettata gli risulta luminosa, fa breccia nella mente di Vincent come fulmine a ciel sereno lo riporta indietro con gli anni, al profumo aromatico dei fiori di cui sapeva la sua infanzia dove ancora tutto era possibile.

E il futuro adesso, torna a sapere di speranza, passa il testimone al piccolo Vincent, gli dona quest’opera realizzata con uno sforzo di vitalità sorprendente per le condizioni psico-fisiche in qui si trova.

In una delle sue lettere al fratello e alla cognata, Vincent scriverà di questo quadro:

Il più bello che abbia mai dipinto

Dove il bello è certamente rappresentato dallo stato d’animo libero che lo ha accompagnato durante le ore di realizzazione e Johanna risponderà di li a poco:

..al bimbo piace guardare i quadri dello zio Vincent e sembra affascinato dal ramo in fiore, appeso sopra il suo letto

E Vincent sorrise finalmente dal cuore.

mandorlo in fiore

Van Gogh: ”I mangiatori di patate”

mangiatori di patate disegni vincentre

”Chi preferisce vedere i contadini con il loro vestito della Domenica faccia pure come vuole. Personalmente sono convinto che i risultati migliori si ottengano dipingendoli in tutta la loro rozzezza piuttosto che dando loro un aspetto convenzionalmente aggraziato”

Era il 30 Aprile del 1885 e Van Gogh scriveva queste parole in una delle frequenti lettere indirizzate al fratello Theo. Parole colme di convinzione e fiducia in quello che lui stesso si augurava potesse essere riconosciuto con un quadro contadino.

Con i ”Mangiatori di patate” l’artista per la prima volta si discosta dalla pittura ”di getto” che fino a quel momento aveva caratterizzato gran parte dei suoi lavori, e si abbandona ad uno studio piu strutturato e ragionato dei modelli. Per realizzare l’opera definitiva, vennero preliminarmente eseguiti disegni e schizzi preparatori.

 

A Nuenen, dove visse per esattamente 23 mesi dal 1883 al 1885, Van Gogh rimase affascinato dalla cruda e autentica vita della gente del posto, spesso fatta di lavoro e sudore, amore e passione per la terra, senso della famiglia.

Prima di trasmettere su tela le sue incredibili e sottovalutate potenzialità artistiche, si servì di un’altra inconfondibile dote artistica che madre natura aveva deciso di regalargli. La capacità di osservare gli altri ed empatizzare con gli stessi. Immedesimarsi nel lavoro inteso come fatica quotidiana e passione pura per le persone piuttosto che per le cattedrali.

I personaggi, volutamente caricaturizzati, mangiano e allo stesso tempo comunicano fra di loro, nonostante l’assordante silenzio che traspare dalla tela. Sono dediti al loro pasto serale, probabilmente l’unico della giornata, con lo stesso impegno dimostrato sui campi durante la giornata lavorativa.

”Penso che, più che da signora, una contadinella sia bella vestita com’è con la sua gonna e camicetta polverosa e rappezzata, azzurra, cui il maltempo, il vento ed il sole danno i più delicati toni di colore. Se si veste da Signora perde il suo fascino particolare”

Con quest’opera, il lavoratore, il contadino, finalmente risorge. Riscopre dignità e considerazione nella più autentica rappresentazione. Nella imbarazzante normalità di tutti i giorni; come se si volesse dare a tutti la possibilità di spiare dalla finestra quello che alla sera, dei contadini stanchi dopo la giornata di lavoro, possano fare. Il calore della stanza, con i fumi del caffè, dei piatti, l’odore della minestra, le parole non dette che ugualmente traspaiono dalle loro espressioni avvilite, dalla rappresentazione delle mani, dei volti.

Sono andato di persona a Nuenen, incuriosito da quello che avevo letto e studiato sui libri, desideroso di vedere con i miei occhi e percepire cosa avesse ispirato Van Gogh. Consigli su come raggiungere Nuenen e cosa vedere potete trovarli QUI.

copertina olanda di Van Gogh

Il Bisogno di verità con quest’opera, viene soddisfatto:

”Un quadro non deve necessariamente essere profumato”

Offerta della Settimana: Budapest

Viaggiatori, eccoci all’immancabile appuntamento del Martedi con l’offerta della settimana. Come vi avevo promesso la scorsa volta, si parte da Roma!

In meno di due ore e con circa 55 euro, tenetevi forte, avrete la possibilità di visitare la bellissima capitale Ungherese.

budapest

Budapest vi aspetta a Settembre, da Venerdi 14 intorno all’ora di pranzo a Lunedi 17 di sera. Scoprite di più QUI.

Gli hotel a Budapest non costano molto, ma vale la pena risparmiare e spendere meglio i vostri soldi nei vari pub decadenti della città, no??!

Date subito uno sguardo agli hotel di Booking.

Lo so, lo so! Non basta la bellezza del lungo fiume, la vivace vita notturna, la storia che si respira ad ogni angolo della città, volete un motivo Artistico per recarvi a Budapest!

Eccolo: Direttamente dal Messico, un’intera esposizione deicata a Frida Kahlo è visitibile fino al 4 Novembre alla Galleria nazionale ungherese (Magyar Nemzeti Galeria).

firda kahlo

Allora e’ fatta, vero? Fatemi sapere se prenotate e non perdetevi la prossima offerta con aereoporto di partenza Venezia, passate parola 🙂

 

 

 

Offerta della Settimana: Cracovia

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Dopo tanto mare, speriamo per voi, Settembre è il mese migliore per concedervi un city break rigenerante, prima di rituffarvi nello studio o nel lavoro di tutti i giorni; e la bellissima città polacca è la nostra proposta della settimana.

Come promesso la scorsa volta qui, l’ aereoporto di partenza è quello di Napoli. Premettiamo subito che i voli per la Cracovia sono ahimè ormai prevalentemente cari un po’ in ogni periodo dell’anno. Tuttavia dopo giorni di ricerca, siamo riusciti a scovare un’offerta che per numero di giorni, costo e clima, potrebbe fare al caso vostro.

La città merita davvero tanto sia dal punto di vista storico, culturale quanto artistico e gastronomico.

Laddove voleste, avreste l’ opportunità di visitare il campo di concentramento di Auswitzch; infatti sono innumerovoli i tour organizzati in città ai quali affidarsi. cracovia 4

Avete bisogno di un altro motivo valido per visitare Cracovia? Eccolo, reggetevi forte:

”La Dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci, in esposizione al Museo Nationale.

Portrait of Cecilia Gallerani (Lady with the Ermine), about 1488

Decisi a partire? Andata da Napoli Martedi 11 Settembre e rientro nel capoluogo campano la sera di Sabato 15 Settembre, prezzo al momento 76 euro.

Maggiori informazioni QUI.

La vita a Cracovia costa poco, sicuramente meno che in Italia, sia per quanto riguarda i ristoranti che gli alloggi (date subito uno sguardo su Booking) non dovreste preoccuparvi più di tanto. 

Aspettiamo foto del vostro viaggio e vi diamo appuntamento alla prossima settimana con una nuova offerta, aereoporto di partenza ROMA. 

Buon Viaggio, Viaggiatori

Un borgo, d’incanto! Civita di Bagnoregio

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Se vi dicessero che da qualche parte in italia, magari a circa 120 chilometri da Roma, esiste un posto che l’ unico modo per raggiungerlo consiste nel percorrere a piedi una ponte di circa 500 metri, ci credereste? Beh, dovreste! Civita, una frazione del comune di Bagnoregio in provincia di Viterbo, è un piccolissimo borgo arroccato su una roccia, e merita di certo una visita. Vi sembrerà di camminare su un paese sospeso a mezz’aria ma ancora più suggestivo sarà ammirarlo da lontano, usufruendo dei vari punti panoramici e belvedere disclocati per la zona.

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Costruito circa 2500 anni fa dagli Etruschi, oggi è denominato città che muore in quanto lo sperone sul quale si erge registra circa 7 centimetri d’erosione media all’anno.

Si tratta di uno dei borghi più caratteristici e belli d’Italia, posizionato in modo stragetico per visitare poi anche l’Umbria e la Toscana.

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Nell’eventualità voleste soggiornare nei paraggi, per poi proseguire altrove il vostro viaggio, eccovi da dove iniziare a ricercare un alloggio:   Booking.com

Sulle tracce di Vincent Van Gogh

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Statua di Van Gogh a Nuenen

Esistono viaggi che iniziamo mesi, forse addirittura anni prima di partire. A volte non siamo neanche minimamente consapevoli che inizieranno sul serio. Eppure il cosmo, complice la sostanza dei sogni, si mette subito all’opera affinchè il tutto che abbiamo letto sui libri, ammirato in fotografia, diventi realtà!

Non di tulipani o mulini stavolta, nè tanto meno di coffee shop si è dipinto, è il caso di dirlo, il mio viaggio in solitaria appena trascorso.

 

Vedo disegni e dipinti nei luoghi più poveri, negli angoli più sporchi

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E proprio il desiderio di scoprire quegli angoli nascosti di cui parlava Vincent in una delle sue innumerevoli lettere scritte al fratello Theo, mi ha spinto a partire. Due giorni, neanche pieni, 3 ore di aereo, 4 di treno e 2 abbondanti di bus. Chilometri a piedi, naso perennemente all’insù, voglia di respirare il più possibile l’atmosfera del viaggio che mi mancava da tempo e centinaia di fotografie scattate nel tentativo di catturarne per sempre il ricordo.

 

 

Eppure…Leggi l’ebook QUI

 

Weekend a Berlino: L’offerta della settimana

Berlino

Il fascino della capitale tedesca, un mix incredibile di storia e cultura, musei fino a perderne il conto ed una sorprendente vita notturna.

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3 giorni vi faranno innamorare di questa città.

Fine Ottobre, da Venerdi a Lunedi sera.  Il weekend perfetto per spezzare la routine e ricaricare le pile in vista del ponte di ognissanti. L’offerta di oggi prevede partenza da Milano (Bergamo, Orio al Serio) Venerdi 26 Ottobre e rientro Lunedi 29.

Al momento potete scegliere se partire la mattina o il tardo pomeriggio sia per il volo di andata che per quello di ritorno senza variazioni di costo.

Affrettatevi, attualmente il prezzo Andata/Ritorno si aggira al di sotto dei 50 euro, Guarda un po’ QUI.

Dai uno sguardo anche al prezzo degli hotel a Berlino su  Booking.com

Alla prossima settimana con l’offerta che scoveremo per voi, stavolta l’aereoporto italiano di partenza sara’ quello di Napoli!

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Prossima Tappa: L’Olanda di Van Gogh

Certi viaggi non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano...vabbè si, il testo originale di questa famosa canzone parla di amori, ma insomma anche viaggi non mi pare poi tanto fuori luogo, no? 😀 Anche perché avevo previsto di fare questo viaggio durante le scorse vacanze di Pasqua; tutto era già prenotato e deciso, salvo poi per ragioni che non sto qui a spiegarvi, abbia dovuto cancellarlo praticamente all’ultimo minuto. Adesso ci siamo, finalmente il dado è tratto e Venerdi 15 Giugno si parte. So bene quanto, come me, siate appassionati della vita e le opere di Van Gogh e per questo ho deciso di raccontarvi già così in anticipo il giro che ho intenzione di fare. Non vi nascondo che, trattandosi di un altro viaggio in solitaria, l’ansia che sguazza nell’adrenalina si fa sentire nello stomaco ormai da qualche giorno. Sarà, in meri termini di tempo, una toccata e fuga; weekend nudo e crudo, ma sicuramente molto intenso.

Ho deciso di muovermi in treno ed evitare la caotica e carissima Amsterdam.

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Atterrerò a Schipol intorno alle 22 per poi raggiungere subito Arnhem la sera stessa cambiando la coincidenza ad Utrecht, dove secondo il sito internet delle ferrovie olandesi, dovrei arrivare alle 23.19 per poi spostarmi al binario 19 (dal 13) in circa 4 minuti a piedi, speriamo bene 

La mattina di Sabato 16 Giugno, lascerò Arnhem per raggiungere il Kroller Museum di Otterlo, il cui biglietto d’ingresso già rigorosamente acquistato, comprende anche la visita al Parco Nazionale de Hoge Veluwe. Avendo visitato più volte Il Van Gogh Museum, considero questo di Otterlo una vera chicca perchè essendo più complicato da raggiungere e meno turistico, mi consentirà oltretutto di ammirare opere anche meno conosciute e di poterlo fare con relativa calma. Tra i principali dipinti che non vedo l’ora di trovarmi di fronte, sicuramente annovero ”Vaso con papaveri rossi” ed il più famoso ”Caffe di notte”.

Terminata la visita al Kroller, il mio Sabato di metà Giugno proseguirà ancora attraverso il treno, stavolta verso il cosiddetto Brabante Fiammingo. Pernotterò ad Eindhoven con l’obiettivo principale di recarmi l’indomani a Nuenen, villaggio nel quale Vincent visse dal 1883 al 1885. Durante il soggiorno in questo piccolo paese di tradizionale provincia Olandese, il pittore ebbe modo di affermare attraverso le sue opere, la vivace curiosità ed il suo più sincero interesse per scene di vita quotidiana di paese, prendendo definivamente le distanze dalla borghese e fittizia realtà che per ragioni familiari aveva fino a quel momento respirato intorno a sé.

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”Contadina che vanga la terra”- Nuenen, 1885

A Nuenen,  Domenica 17 Giugno visiterò il Vincentre.

Si tratta di un vera e propria ricostruzione degli anni vissuti da Van Gogh in quel di Nuenen ed oltre ad ammirare dipinti, potrò addirittura camminare per le strade che hanno contagiato il suo desiderio di mettere a fuoco la fatica ed il lavoro manuale della gente locale piuttosto che le feste ricolme di sfarzo e vacuità d’animo. Per darvi un’idea di quanto tale villaggio sia stato d’ispirazione, vi basterà pensare che il celeberrimo ”Mangiatori di Patate” sia stato realizzato proprio in quel periodo sotto al cielo plumbeo del paesino.

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Tutto questo e sicuramente di più, caratterizzerà il mio prossimo viaggio e avrò il piacere di raccontarvelo passo dopo passo sulla Pagina Facebook!  E su quella di Instagram! Spero che possiate in qualche modo partecipare anche voi attraverso le foto che pubblicherò ad ogni connessione internet disponinile!

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